La storia di Mosè, il salvato dalle acque

Mosè
Mosè

Durante una mattina in cui mi trovavo nell'oasi a trafficare, quando ancora era molto buio, mi squillò il cellulare : anonimo.

Mi parlò una signora che mi disse di avere avuto il mio numero da un signore di cui non poteva dirmi il nome, che a sua volta l'aveva avuto da una signora di cui lui non le aveva detto il nome : insomma na catena infinita... Spesso succede...

Mi disse che dal mercato ortofrutticolo della città, allo svincolo con l'autostrada, altezza cavalcavia, i fruttivendoli che alle 4 del mattino si recavano a comprare la frutta, sentivano un minino piccino piccino, molto piccino, piangere disperatamente da giorni... E mi chiese se avessi potuto cercarlo... Le dissi che sarebbe stato molto improbabile, con così poche indicazioni trovarlo, essendo tra l'altro, lontana la zona del minino di cui si parlava da dove vivo o giro io di solito... Ero disposta a fornirle alcuni numeri di telefono di persone che si occupano di animali, residenti accanto a quella zona, ma lei mi disse che la sua opera sarebbe finita con la telefonata a me perchè aveva da lavorare e non poteva perdere altro tempo. Mi ringraziò, ed io non ringraziai lei... Esiste chi, per scaricarsi la propria coscienza, getta addosso ex novo una responsabilità a chi coscienza ne ha da vendere... E così accadde... Oggi, ritrovando la signora, comunque la ringrazierei : se non mi avesse telefonato, non avrei potuto salvare Mosè e non avrei potuto amarlo insieme a voi.

Andai a lavorare, con un senso di angoscia mista ad agitazione ed iniziai a pensare a come agire, una volta uscita dall'ufficio.Alle tre uscii, alle tre e venti arrivai in zona...

Mi iniziai a guardare in giro: un capannone che avrebbero fatto esplodere dopo qualche giorno in un cantiere, un cavalcavia percorso ad alta velocità, l'autostrada ed il mercato ortofrutticolo con un viavai indescrivibile di tir e di camion...

Tra l'altro, più che frastuono assordante di macchine, io non sentivo Cercavo di concentrarmi sul miagolio di un minino che poteva chiedermi aiuto, ma nulla di nulla Quando mi sembrava di sentirlo, mi rendevo conto che era frutto del mio desiderio di trovarlo...

Chiesi agli operai del capannone di farmi cercare nelle decine di stanze e di cabine elettriche la creaturina,e mi concessero un'ora di tempo.Come pallina di un flipper, entrai vorticosamente in ogni stanza, ma udivo solo penetranti ronzii di fili elettrici Null'altro... Uscendo dal capannone, esattamente accanto a dove avevo posteggiato la mia auto, mentre stavo perdendo la speranza, e quasi speravo che la storia del gattino disperato fosse un brutto scherzo, udii piangere questa creatura. Non riuscivo a capire da dove provenisse il suono, a volte forte, a volte flebile, a volte spento... Mi sembrava di impazzire, che agitazione... Chiamai Stefania e la supplicai di raggiungermi... Le spiegai tutto. Anche lei sentiva un grido, e poi più. Eravamo entrambe in preda al panico: aveva bisogno di noi, ma non lo trovavamo...

Allora le chiesi di restare dal capannone, ed io decisi di salire sul cavalcavia, sperando che da due posizioni opposte, potessimo individuare il suono nello stesso punto.

Lei ed io, dieci metri sotto il cielo...Sembra il titolo di un film, che film non era...

Alle 18, orario di punta (erano trascorse già tre ore dal mio arrivo), le macchine e gli autobus assordanti passavano, il cavalcavia tremava e il mio cuore era sempre più in subbuglio...

Stavo davvero perdendo ogni speranza, e le stavo urlando da su che non riuscivo a sentire niente, quando all'improvviso sentii il pianto del micino molto vicino a me. Dove poteva essere? Un cavalcavia, un sottile marciapiede, due corsie a senso unico: da dove proveniva?

C'era solo un tombino sotto i miei piedi. Solo un tombino.

Un tombino? Da lì arrivava la richiesta d'aiuto !

Urlai impazzita a Stefania di salire su, ci trovammo su un tombino di ghisa pesantissimo e grande, e ci mettemmo le mani nei capelli : iniziai a chiamare i Vigili del Fuoco (erano impegnati in un'urgenza e non avevano disponibilità almeno fino al giorno dopo di aiutarci); chiamai i Carabinieri che mi indirizzarono alla Polizia; chiamai la Polizia che mi indirizzò ai carabinieri;chiamai Canile e Gattile, ma nessuno rispondeva... Chiamai chi poteva essere chiamato, ma nessuno disposto a dare a noi una mano e a lui una zampa...

In quell'attimo, capii che l'impresa stava diventando impervia, quasi impossibile. Ma c'era una creaturina ormai sfinita, che aveva urlato notti, giorni, ed ore in cerca d'aiuto... Mai avrei potuto rinunciare a lei...

Sotto il cavalcavia c'era una stazione di Polizia Municipale. Chiesi a Stefania di aspettarmi, in modo che potessi chiedere aiuto, corsì lì...Entrai, spiegai la situazione a tre signori dalla nuova divisa lucente, che mi dissero d'essere impegnati in altro: uno, impietosito dal mio sguardo, mi offrì un piede di porco ed un martello che estrasse da una valigetta...

Gli chiesi come avrei potuto tirar su una lastra che sarà pesata cento chili, con quegli attrezzi, e lui mi ribadì, che più di quello non poteva fare, raccomandandosi, tra l'altro, di riportare gli attrezzi prima della chiusura della centrale.

Mogia e desolata, tornai sul luogo del ritrovamento con un piede di porco (di ferro e non vero) ed un martello pesantissimi.

Passavano da ore ormai bus ed auto, le persone rallentavano, i bambini ci indicavano, ma nessuno, nessuno in tutte quelle ore si fermò un secondo per offririci aiuto o quantomeno sapere cosa stesse accadendo...

Direi che in quel frangente io scoprii cosa è la forza della disperazione, quell'energia che ti fa risalire la china e ti salva, nel momento peggiore, in cui tutto sembra andato perso: presi il piede di porco, feci leva, e con Stefania tirammo su, scostandola, quella lastra di ghisa Oggi, a freddo, mi rendo conto che, se fosse mai caduta, ci avrebbe mozzato le dita delle mani davvero... Ma a caldo, col gattino che sentendoci vicine, urlava disperato, non ci pensammo due volte...

Andai a prendere in macchina il trasportino che tengo sempre con me, insieme al pronto soccorso e al cibo, per l'evenienza incontri sul cammino (e a me accade spesso...), un animale bisognoso. Posizionammo il trasportino dal buco minuscolo di una tubatura, e all'interno vedemmo due faretti meravigliosi : il gattino era vivo, ma terrorizzato.

Temevo che, spaventandosi, potesse uscire di colpo dal tombino, trovandosi in mezzo alla velocità di tutti quei veicoli, senza alcuno scampo.

Così mi lanciai col corpo sull'apertura, per impedirgli un'eventuale via di fuga,e mi stesi sul marciapiede, con Stefania che posizionava bocconcini ovunque, per creare un percorso d'entrata nella gabbia della salvezza.

Ore, ore ed ore.... Lui si avvicinava, e quando spostavo lievemente lo sportellino per prepararmi a chiuderlo, si allontanava nel buco, piangeva disperato e per un po' non si faceva nè vedere nè sentire...

Io ero sporchissima, Stefania pure, grasso di motori, uno smog deleterio, un olio strano cosaprso in tutto il tombino:avevamo vestiti e pelle completamente neri...

Alle h 23 (erano passate 8h dal mio arrivo), si accostò a noi una volante della Polizia.

Io guardai gli agenti come un bambino guarda il regalo a Natale,felice,e trepidante, nell'attesa di sfasciarlo e urlai mille ringraziamenti: finalmente qualcuno in nostro soccorso !

Scesero due bei ragazzi, si avvicinarono a noi, e con tono scuro, ci chiesero i documenti.

Mi chiesi a cosa servissero loro, ma pensai fosse una prassi normale... Corsi in macchina, giù dal cavalcavia a prendere i miei e di Stefania.

Quando tornai, vidi sul volto della mia amica un'ira ed un sopracciglio, che potrebbero far invidia a quello della Mari indignata, quando mi scordo di darle il suo stick: capii che qualcosa di strano stava accadendo.

Ci dissero che alcune famiglie dei palazzi limitrofi avevano contattato la Polizia per informarla del fatto che due zingare, stavano da ore provando a rubare un tombino sul cavalcavia di fronte...

Io iniziai a ridere, a ridere, a ridere, a ridere così convulsamente che questi si spaventarono e mi chiesero se stessi bene: spiegai tutto, ed uno dei due mi chiese di vedere il gattino, che, per agevolarci, si era nascosto... Del gattino nemmeno l'ombra, ma fortunatamente, vedendo il trasportino, il cibo, la mia condizione igienica del momento e l'ira di stefania, soprassedettero, salutandoci.

Partirono, ma fecero retromarcia subito dopo, rammentandoci di riposizionare perfettamente la lastra, poichè se qualcuno si fosse mai fatto male nei giorni successivi, sarebbero risaliti a noi, avendo le nostre generalità... Nessuna offerta d'aiuto quindi, solo questo episodio macabro-ironico, che della gente, dell'indifferenza e della diffidenza la dice molto lunga...

Alle 2 ed un quarto della notte, il meraviglioso topolino tutto grigio sporco, entrò nel trasportino. Io chiusi talmente forte lo sportello, con le mani tremanti, che quasi rischiai di fargli male: lo mettemmo in macchina, al riparo, e tornammo a rimettere in sesto la lastra di ghisa.

Gli attrezzi li restituii l'indomani, la lastra la riposizionammo, Stefania restò bloccata a letto per due giorni per il male alla schiena, ed io sembrai per tutto il giorno successivo uno zombie vagante. Zombie sì, ma felice !

 

Chiamammo la nostra, vostra creatura, Mosè.

Pochissime ore dopo la sua cattura, iniziò a piovere.

Piovve forte, tanto forte, ogni goccia che scendeva mi faceva sussultare, anche se Mosè era al riparo al caldo nel gabbione dell'oasi... Il giorno seguente ci fu una famosa alluvione, non ultima, in cui morì anche un povero ragazzo.

Gli antichi dicevano "Nomen omen": il nome è un presagio.

Io penso che in questo caso sia stato un miracolo che Mosè qualcuno lo abbia posizionato sul mio cammino, che sia riuscita a "salvarlo dalle acque", prima che fosse davvero troppo tardi... Non ce l'avrebbe mai fatta... Quello in cui si trovava, era un tubo di confluenza delle acque piovane...

 

Anche per loro c'è un destino.

 

Ringrazio Dio di essere stata fedele, per l'ennesima volta, al mio cuore e alla mia coscienza.

 


 

A dicembre 2012 viene diagnosticato a Mosè un tumore incurabile al sistema linfatico. Il 16 gennaio 2013 vola sul ponte, Arianna ha chiesto alla dottoressa di recarsi all'Oasi, perché si spegnesse tra le sue carezze, la sua voce e a casa sua, tra i suoi fratellini.